Tutto comincia dal latte

Il formaggio svizzero è prodotto nei caseifici, con il latte fresco fornito due volte al giorno dalle aziende agricole dei dintorni. Le particolarità del latte influiscono, in parte, sulle caratteristiche finali del formaggio.

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Gli oltre 700 formaggi del nostro paese sono molto diversi tra loro, ma tutti hanno una caratteristica comune: sono prodotti a base di latte svizzero. La grande maggioranza dei formaggi svizzeri è lavorata partendo da latte vaccino. Di solito, il caseificio riceve due volte al giorno una fornitura di latte fresco, igienicamente ineccepibile. Ogni caseificio lavora la stessa materia prima, ma i risultati possono essere diversissimi. Una moltitudine di fattori, quali la razza di mucca, il foraggio, il clima, il tenore di grasso nel latte, il tipo di coltura batterica utilizzato dal casaro, i metodi di trattamento e di stagionatura rendono ogni forma di formaggio un pezzo assolutamente unico.

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Selezione e lavorazione del latte

Al momento della consegna, il latte è dapprima sottoposto ad analisi qualitative e in seguito filtrato. Il latte crudo subisce una serie di controlli particolarmente rigorosi. Se il caseificio non produce formaggio a base di latte crudo, il latte viene direttamente termizzato o pastorizzato.

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Dapprima il caseificio analizza le proprietà batteriologiche e organolettiche del latte. I principali criteri di riferimento sono i seguenti:

  • la conta delle cellule somatiche permette di valutare la salute delle mammelle;
  • la carica batterica permette di valutare le condizioni igieniche della mungitura e del latte;
  • l’eventuale presenza di sostanze inibitrici indica se le bovine sono state trattate con antibiotici;
  • il punto di congelamento permette di capire se il latte è stato annacquato.

Per garantire la qualità del latte, il caseificio esegue anche altre analisi specifiche. Se non produce specialità a base di latte crudo, sottopone dapprima il latte a un trattamento termico delicato, per termizzazione (fino a circa 63°C) o pastorizzazione (fino al ad almeno 72°C).

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Cagliatura

Il casaro versa il latte nella caldaia, poi aumenta gradualmente la temperatura, continuando a rimestare. Aggiunge in seguito batteri lattici e caglio, innescando così il processo di coagulazione. Al termine di questa fase il latte sarà diventato una massa gelatinosa.

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Il latte è versato nella grande caldaia e portato progressivamente a 30° – 32°C. Il casaro aggiunge in seguito il caglio e speciali colture di batteri acidolattici. Queste colture rendono il latte più acido e favoriscono l’azione del caglio. Il latte è poi lasciato riposare 35 – 40 minuti. Durante questa pausa coagula lentamente sotto l’effetto del caglio. Al termine di questa fase, il casaro ottiene la cagliata, una massa liscia, simile a budino, pronta per l’ulteriore lavorazione.

Per la produzione di formaggi svizzeri DOP si utilizzano esclusivamente colture batteriche selezionate sulla base di prelievi eseguiti una quarantina di anni fa dagli esperti del instituto di ricerche Agroscope di Liebefeld-Posieux, che da allora detiene i ceppi di riferimento e li mette a disposizione dei caseifici.

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Il caglio può essere ottenuto dallo stomaco di vitello (anche di capretto o di agnello), da speciali colture batteriche (microbiche) o – più raramente – da piante (ad es. da specie del genere Cynara o da Solanum dubium). Esiste in forma liquida, in polvere o in pasta. In Svizzera non si utilizza caglio geneticamente modificato.

Pochi grammi di caglio bastano per coagulare 1000 litri di latte. Il caglio non serve solo a coagulare il latte, ma favorisce anche la maturazione del formaggio durante la stagionatura.

Un consiglio: il nostro motore di ricerca aiuta a trovare i formaggi svizzeri che non contengono caglio di origine animale.

Spinatura

Ora entra in gioco lo spino, con il quale il casaro lavora la massa gelatinosa della cagliata, separandola in tanti piccoli granuli. Le dimensioni di questi granuli determineranno il tipo di prodotto finale: quanto più piccoli saranno, tanto più dura sarà la pasta del formaggio.

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Non appena la cagliata presenta la consistenza desiderata, il casaro inizia a lavorarla con lo spino. Lo spino è una sorta di grande rastrello, munito di cavi sottili o di lame, che frange la cagliata in innumerevoli granuli. Una lavorazione lunga darà granuli più piccoli e formaggi a pasta più dura. Più fine la cagliata, infatti, meno acqua rimarrà nel formaggio. Questa fase è decisiva per il risultato finale, e richiede dal casaro gesti estremamente precisi.

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Caseificazione

I granuli di formaggio vengono nuovamente rimescolati e riscaldati – più duro si vorrà il formaggio finale, più elevata dovrà essere la temperatura. Sotto l’azione del calore, la cagliata diventa sempre più solida.

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Ora il casaro rimesta delicatamente il contenuto della caldaia, e torna a riscaldarlo pian piano, regolando il calore in funzione del tenore di acqua che desidera nel formaggio: maggiore il calore, minore la quantità di acqua nel prodotto finale (per il formaggio a pasta dura e extra-dura si calcolano 51 – 58 °C, per il formaggio a pasta molle circa 35 °C). Rimescolati e riscaldati, i granuli si riuniscono, separandosi dal siero. La massa si solidifica.

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Il siero di latte, ossia il liquido verdastro che fuoriesce dalla cagliata, è in realtà un prodotto di scarto della caseificazione. Di solito è pompato via e centrifugato in attesa di un’ulteriore lavorazione. I prodotti più noti a base di siero sono certe bevande, il cosiddetto «burro di caseificio» e lo ziger. Il siero in polvere è utilizzato anche nella produzione industriale di alimenti o di cosmetici. Gran parte del siero è destinato a diventare foraggio.

Stampi e pressatura

Una volta raggiunta la consistenza desiderata, il casaro versa la massa di formaggio in uno stampo, dal quale il siero può defluire attraverso i fori del fondo. Il tutto viene poi sistemato sotto una pressa, così da eliminare ancora un po’ di liquido.

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Non appena la massa formatasi nella caldaia raggiunge la consistenza giusta, è versata assieme al siero negli stampi di pressatura forati. Il siero scorre via e la massa rimane nello stampo. Il casaro appone sulla superficie il marchio di caseina, che garantirà la tracciabilità di ogni forma, e sistema poi gli stampi sotto la pressa. Il formaggio prenderà così la forma voluta e perderà ancora un po’ di siero.

Salamoia

In seguito, le forme sono messe a mollo nella salamoia, così da assorbire sale e rilasciare ancora un po’ di siero. Gradualmente sviluppano anche la loro crosta esterna, mentre il sapore della pasta si fa più intenso.

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Dopo la pressatura, le forme sono immerse in un bagno di sale che, a seconda delle loro dimensioni, può durare da qualche ora fino a due giorni. La salamoia ha una salinità del 22% circa e una temperatura di 15°C circa. A causa della salinità elevata. le forme perdono un’ulteriore parte di siero e assorbono sale. Questo processo ne solidifica la massa, che si riveste di una crosta. Questa proteggerà la forma dagli influssi esterni e la renderà stabile. Il bagno di sale previene anche lo sviluppo di batteri indesiderati sulla superficie del formaggio. Il sale assorbito, inoltre, contribuirà al sapore finale.


Dettaglio interessante: a causa della densità (1,15 kg / l), anche le forme di formaggio più pesanti galleggiano nella salamoia.

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Stagionatura e affinamento

Nella cantina di stagionatura il formaggio subisce ancora alcune modifiche: la crosta si sviluppa ulteriormente, mentre la pasta cambia colore e diventa più compatta. In alcune specialità si formano i buchi. Durante la fase di affinatura, alcuni formaggi vengono insaporiti strofinandone la superficie con erbe, mosto o vino bianco.

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Infine, i formaggi sono sistemati in cantina, dove inizia la stagionatura, che comporta una serie di processi enzimatici all’interno di ogni forma. La proteina fresca, piuttosto insapore, diventa pian piano la pasta morbida e gustosa del formaggio, con tutte le sue caratteristiche particolari.

Durante la stagionatura il formaggio cambia aspetto, composizione chimica e proprietà microbiologiche:

  • all’esterno si forma una crosta, mentre all’interno possono formarsi dei buchi ((Infobox)); la pasta diventa morbida e elastica e il suo colore cambia;
  • processi biochimici scompongono le proteine nei loro aminoacidi costitutivi e modificano così la composizione della pasta, che diventa più digesta;
  • gli influssi microbiologici e i diversi metodi di lavorazione possono provocare l’occhiatura (la formazione di buchi nella pasta).
  • La stagionatura può durare da pochi giorni a diversi mesi o anni. Durante questo periodo la massa del formaggio diventa progressivamente più soda. La durata dipende dal tipo di formaggio e dalle dimensioni delle forme, ed è definita nel capitolato d’oneri e nei regolamenti per l’immissione in commercio.

La stagionatura del formaggio è detta anche affinamento. Lo specialista di questa fase riesce a dare un tocco finale a ogni formaggio, che sarà messo in vendita al meglio del suo sapore. Per determinare questo momento ottimale occorrono molta esperienza e conoscenze specifiche. Lavorazioni supplementari, ad esempio a base di mosto, vino bianco o salamoie speciali alle erbe aromatiche, danno a certi formaggi un carattere ancora più marcato.

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Un tema ricorrente e soggetto a molte congetture: perché il formaggio ha i buchi?

Nella pasta del formaggio si trovano microrganismi che formano anidride carbonica (CO2). Quando la massa del formaggio è solida o dura, l’anidride carbonica non riesce a fuoriuscire uniformemente così che, in alcuni punti dove la formazione di gas è particolarmente marcata, si aprono grandi fori o crepe irregolari.

In un impasto morbido e elastico, l’anidride carbonica è distribuita uniformemente, in modo che nei luoghi dove i granuli di cagliata non si sono riuniti solidamente, può formarsi un buco anche di grandi dimensioni. L’anidride carbonica, poiché facilmente solubile nell’acqua, provoca una buona formazione di fori.

…ed ecco svelato il segreto dei buchi nel formaggio!

Controllo della qualità

Al termine della stagionatura, ogni forma è sottoposta a diversi test. Gli ispettori esaminano l’occhiatura (la formazione di buchi), la qualità della pasta, il sapore e l’aspetto del formaggio. Se tutti i criteri sono rispettati, il formaggio potrà essere messo in vendita.

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Prima di essere messa in vendita, ogni forma è sottoposta a un esame accurato. In commercio si trovano pertanto solo formaggi di prima qualità. Durante l’esame sono attentamente valutate l’occhiatura (presenza di buchi), le qualità organolettiche della pasta, il sapore e l’aspetto (forma e conservazione).

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